sabato 26 aprile 2008

il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti - parte 1

Non ricordavo nessuno che avesse un numero fisso, a parte mia nonna, la quale però non aveva il numero di nessuno che conoscevo. E poi non era proprio in forma in quel periodo, e il telefono non lo usava praticamente mai. Quando stava meglio, in passato, c’era stato anche un vano tentativo di farle usare il cellulare. Ma è durato poco, lei non era in grado nemmeno di accenderlo e spegnerlo. Lo lasciava sempre acceso, ma poi si dimenticava di metterlo in carica. E soprattutto faceva fatica a leggere, diceva che non ci vedeva bene. Non sapendo usare la funzione “messaggi” si riempiva sempre e solo di messaggi delle promozioni della compagnia telefonica e il telefono faceva un bip finchè non leggeva. Ho cercato di spiegarle un paio di funzioni, ma ho rinunciato subito quando, leggendo “menu”, lei ha detto: “Ah, ci sono le cose da mangiarem come al ristorante”.

A volte, sul divano, si sedeva sopra il telefono. Senza accorgersene faceva partire una telefonata verso l’ultimo numero chiamato. Quasi sempre il mio, Quando succedeva io gridavo:”Nonnaaaaaa, Nonnaaaaaa….” Figurarsi se sentiva, era praticamente sorda e, seduta com’era sul telefono, avrebbe dovuto avere un orecchio tra le chiappe.

 

 

Mi sentivo uno sfigato. Come quando mandi un sms a una persona che ti piace e non ti risponde subito. Dopo averlo inviato, vai a rileggerlo ogni tre secondi e guardi anche l’ora dell’invio. Conti i minuti, i secondi. Poi guardi gli ultimi che ti ha mandato lei. Perché tutti, anche quelli dei giorni prima, li hai in memoria. E sono lì, in fila, uno vicino all’altro, perché tutti gli altri, quelli che non sono i suoi, li hai cancellati.

È brutto quando l’ultimo messaggio inviato è il tuo e devo solo aspettare, quando hai paura di essere invadente. Quando, come in una partita a scacchi, pensi di aver sbagliato mossa e in un secondo ti senti uno sfigato. Immagini lei che dice alle sue amiche: “questo mi sta martellando di messaggi”. E quando sei in quella situazione non c’è niente da fare, ti senti in un angolo. L’unica soluzione è non scrivere più. Poi magari lei ti risponde e ti accorgi che ti eri fatto tutto un viaggio negativo che invece non esisteva.

 

 

da IL GIORNO IN PIU' - Fabio Volo

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