martedì 30 settembre 2008

Qualcosa che avesse più senso….

Il nuovo progetto di cambiamento, il nuovo tentativo di trovare una soluzione all’infelicità era comunque fermo ancora alla parte teorica. All’analisi. Riflettevo su tutto. Sul mio lavoro, la mia famiglia, le mie storie d’amore, i miei amici. A ben pensarci, si potevano percepire i sintomi di quella infelicità e insoddisfazione, oltre che nelle ansie, anche in quei momenti improvvisi distacchi mentali, in quei miei allontanamenti durante certe chiacchierate. Mi capitava di trovarmi per esempio con gli amici a tavola  e a un certo punto mi isolavo, con la testa non ero più presente, pensavo ad altro. Di colpo tutto diventava silenzioso, li vedevo ridere, chiacchierare, ma non li sentivo. Come se fossero all’interno di una televisione senza audio.

Da quelle serate mi sentivo automaticamente tagliato fuori come un coriandolo.

Tornavo a casa e, quando ero lì a letto da solo, non riuscivo a prendere sonno. Mi venivano in mente una serie di domande. Mi chiedevo: onestamente, ti sei divertito questa sera? Questa è la vita che vuoi vivere? Stai davvero facendo ciò che vuoi o lo fai perché segui il flusso dei tuoi amici?

Ero confuso. Ma non capivo se erano situazioni che non mi andavano più bene, oppure se ero io che non ero più capace  di divertirmi. Forse ero diventato più esigente.

Non potevo fare a meno di chiedermi: “Cazzo, ma la vita è tutta qui?”.

Mi veniva da pensare che doveva esserci qualcosa in più.

Qualcosa che avesse più senso….

 

Tratto da “è una vita che ti aspetto” – Fabio Volo  

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